Una riflessione sulla figura del prete

Del prete in questi anni si è scritto molto. Non credo che ci sia altra categoria sulla quale esiste una letteratura così abbondante. In genere quando si parla e si scrive molto su un tema è perché c’è un disagio e in tanti si sentono di dire la propria per correggere, incoraggiare, indicare una conversione, un cambiamento.

È colui che celebra Messa, è l’uomo della Parola, è colui che suscita i carismi presenti nella comunità ecclesiale, è l’uomo della comunione, delle relazioni, il buon pastore… Alcune delle tante definizioni che vengono date del prete. Ognuno, poi, sceglierà quella che ritiene più adatta alla propria indole, sapendo che la storia è in movimento e che quindi a secondo dei tempi prevale un aspetto e poi un altro.

Proviamo a scegliere una definizione tra le tante: il ministero sacerdotale è destinato all’edificazione della Chiesa, della comunità credente. Bella.

Anche se, per non perdere il senso delle proporzioni, è bene ricordarsi da subito che la Chiesa esiste già e il prete viene affidato – nel suo ministero – ad una comunità ecclesiale che ha la sua storia. Quando poi la comunità diventano le comunità (vedi più parrocchie), la cosa si complica. Probabilmente negli anni l’impegno che ha assorbito più tempo è stato quello speso per fare entrare la comunità esistente in una forma ideale di Chiesa. Forse conviene far abitare la comunità/le comunità nel grande grembo della Chiesa reale, così com’è, senza idealizzazioni. Pensiamo alle passioni di Paolo per le sue comunità improbabili e incantevoli, disperanti e struggenti: dove il Signore non fa mancare niente, eppure succede di tutto.

Non so se nella formazione si ha una teologia spirituale del ministero ecclesiastico all’altezza della comunità ecclesiale che c’è. Il rischio è che l’enormità delle attese reciproche (del prete e della comunità) diventino un peso insopportabile, difficile da reggere.

Nella Chiesa così com’è, senza idealizzazioni da nessuna sponda, chiamata alla prova della realtà, il ministero sacerdotale di base diventa cruciale per aiutare la gente a guardare con fede a Gesù, a cercare la volontà di Dio nella propria vita.

È troppo poco, questo, per dire qual è il servizio di un prete?

No. È l’essenziale, e come ogni essenziale è tutto, non il poco (che sovente, poi diventa niente). Certamente consapevoli, tutti i fedeli preti compresi, di non essere all’altezza del compito. Ma già i discepoli della prima ora lo sapevano e lo hanno anche scritto (e questa è la prova, dal mio punto di vista, dell’ispirazione divina della Sacre Scritture).

don Sebastiano Carlo Vallati
padre spirituale del Seminario Interdiocesano Cuneese